“Ecco,
io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt
28,20).
L’evangelista
Matteo inizia il Vangelo ricordando che quel Gesù, di cui sta per
narrare la storia, è il Dio-con-noi, l’Emmanuele (cf Mt 1,23), e
lo conclude riportando le parole citate, con le quali Gesù promette
che rimarrà sempre con noi, anche dopo essere tornato al Cielo. Fino
alla fine del mondo sarà il Dio-con-noi.
Gesù
rivolge queste parole ai discepoli dopo aver affidato loro il compito
di andare nel mondo intero a portare il suo messaggio. Era ben
consapevole che li mandava come pecore in mezzo ai lupi e che
avrebbero subìto contrarietà e persecuzioni (cf Mt 10,16-22). Per
questo non voleva lasciarli soli nella loro missione. Così, proprio
nel momento in cui se ne va, promette di rimanere! Non lo vedranno
più con i loro occhi, non sentiranno più la sua voce, non potranno
più toccarlo, ma lui sarà presente in mezzo a loro, come prima,
anzi più di prima. Se, infatti, fino ad allora la sua presenza era
localizzata in un luogo ben preciso, a Cafarnao, o sul lago, o sul
monte, o a Gerusalemme, d’ora in poi egli sarà là dovunque sono i
suoi discepoli.
Gesù
aveva presenti anche tutti noi che avremmo dovuto vivere in mezzo
alla vita complessa di ogni giorno. Perché Amore incarnato, avrà
pensato: io vorrei essere sempre con gli uomini, vorrei dividere con
loro ogni preoccupazione, vorrei consigliarli, vorrei camminare con
loro per le strade, entrare nelle case, ravvivare con la mia presenza
la loro gioia.
Per
questo ha voluto rimanere con noi e farci sentire la sua vicinanza,
la sua forza, il suo amore.
Il
Vangelo di Luca racconta che dopo averlo visto ascendere al Cielo, i
discepoli “tornarono a Gerusalemme con grande gioia” (Lc 24,52).
Come poteva essere? Avevano sperimentato la realtà di quelle sue
parole.
Anche
noi saremo pieni di gioia se crediamo veramente alla promessa di
Gesù:
“Ecco,
io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”
Queste
parole, le ultime che Gesù rivolge ai discepoli, segnano la fine
della sua vita terrena e, nello stesso tempo, l’inizio della vita
della Chiesa, nella quale è presente in tanti modi: nell’Eucaristia,
nella sua Parola, nei suoi ministri (i vescovi, i sacerdoti), nei
poveri, nei piccoli, negli emarginati…, in tutti i prossimi.
A
noi piace sottolineare una presenza particolare di Gesù, quella che
lui stesso, sempre nel Vangelo di Matteo, ci ha indicato: “Dove
sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (cf
Mt 18,20). Mediante questa presenza egli vuole potersi stabilire in
ogni luogo.
Se viviamo quanto lui comanda, specialmente il suo comandamento nuovo, possiamo sperimentare questa sua presenza anche fuori delle chiese, in mezzo alla gente, nei posti in cui essa vive, ovunque.
Se viviamo quanto lui comanda, specialmente il suo comandamento nuovo, possiamo sperimentare questa sua presenza anche fuori delle chiese, in mezzo alla gente, nei posti in cui essa vive, ovunque.
Quello
che ci è chiesto è quell’amore vicendevole, di servizio, di
comprensione, di partecipazione ai dolori, alle ansie e alle gioie
dei nostri fratelli; quell’amore che tutto copre, che tutto
perdona, tipico del cristianesimo.
Viviamo
così, perché tutti abbiano la possibilità di incontrarsi con Lui
già su questa terra.
Chiara
Lubich
Pubblicata
in Città Nuova 2002/8, p.7.
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