«Beati
i puri di cuore perché vedranno Dio».
La
predicazione di Gesù si apre col discorso della montagna. Davanti al
lago di Tiberiade su una collina nei pressi di Cafarnao, seduto, come
usavano fare i maestri, Gesù annuncia alle folle l’uomo delle
beatitudini. Più volte nell’Antico Testamento risuonava la parola
“beato” e cioè l’esaltazione di colui che adempiva, nei modi
più vari, la Parola del Signore. Le beatitudini di Gesù
riecheggiavano in parte quelle che i discepoli già conoscevano; ma
per la prima volta essi sentivano che i puri di cuore, non solo, come
cantava il Salmo, erano degni di salire sul monte del Signore (cf Sal
24,4), ma addirittura potevano vedere Dio. Quale era dunque quella
purezza così alta da meritare tanto? Gesù l’avrebbe spiegato più
volte nel corso della sua predicazione. Cerchiamo perciò di seguirlo
per attingere alla fonte
dell’autentica
purezza.
«Beati
i puri di cuore perché vedranno Dio».
Anzitutto,
secondo Gesù, vi è un mezzo sovrano di purificazione: «Voi siete
già mondi in virtù della Parola che vi ho annunziato» (Gv 15,3).
Non sono tanto degli esercizi rituali a purificare l’animo, ma la
sua Parola. La Parola di Gesù non è come le parole umane. In essa è
presente Cristo, come, in altro modo, è presente nell’Eucaristia.
Per essa Cristo entra in noi e, finché la lasciamo agire, ci rende
liberi dal peccato e quindi puri di cuore. Dunque la purezza è
frutto della Parola vissuta, di tutte quelle Parole di Gesù che ci
liberano dai cosiddetti attaccamenti, nei quali necessariamente si
cade, se non si ha il cuore in Dio e nei suoi insegnamenti. Essi
possono riguardare le cose, le creature, sé stessi. Ma se il cuore è
puntato su Dio solo, tutto il resto cade. Per riuscire in questa
impresa, può essere utile, durante
la
giornata, ripetere a Gesù, a Dio, quell’invocazione del Salmo che
dice: «Sei tu, Signore, l’unico mio bene!» (Cf Sal 16,2).
Proviamo a ripeterlo spesso, e soprattutto quando i vari attaccamenti
vorrebbero trascinare il nostro cuore verso quelle immagini,
sentimenti e passioni che possono offuscare la visione del bene e
toglierci la libertà. Siamo portati a guardare certi cartelloni
pubblicitari, a seguire certi programmi televisivi? No, diciamogli:
«Sei tu, Signore, l’unico mio bene» e sarà questo il primo passo
che ci farà uscire da noi stessi, ridichiarando il nostro amore a
Dio. E così avremo acquistato in purezza. Avvertiamo a volte che una
persona o un’attività si frappongono, come un ostacolo, fra noi e
Dio e inquinano il nostro rapporto con lui? È il momento di
ripetergli: «Sei tu, Signore, l’unico mio bene». Questo ci
aiuterà a purificare le nostre intenzioni e a ritrovare la libertà
interiore.
«Beati
i puri di cuore perché vedranno Dio».
La
Parola vissuta ci rende liberi e puri perché è amore. È l’amore
che purifica, con il suo fuoco divino, le nostre intenzioni e tutto
il nostro intimo, perché il “cuore” secondo la Bibbia è la sede
più profonda dell’intelligenza e della volontà. Ma c’è un
amore che Gesù ci comanda e che ci permette di vivere questa
beatitudine. È l’amore reciproco, di chi è pronto a dare la vita
per gli altri, sull’esempio di Gesù. Esso crea una corrente, uno
scambio, un’atmosfera la cui nota dominante è proprio la
trasparenza, la purezza, per la presenza di Dio che, solo, può
creare in noi un cuore puro (Cf Sal 51,12). È vivendo l’amore
scambievole che la Parola agisce con i suoi effetti di purificazione
e di santificazione. L’individuo isolato è incapace di resistere a
lungo alle sollecitazioni del mondo, mentre nell’amore vicendevole
trova l’ambiente sano, capace di proteggere la sua purezza e tutta
la sua autentica esistenza cristiana.
«Beati
i puri di cuore perché vedranno Dio».
Ed
ecco il frutto di questa purezza, sempre riconquistata: si può
“vedere” Dio, cioè capire la sua azione nella nostra vita e
nella storia, sentire la sua voce nel cuore, cogliere la sua presenza
là dove è: nei poveri, nell’Eucaristia, nella sua Parola, nella
comunione fraterna, nella Chiesa. È un pregustare la presenza di Dio
che comincia già da questa vita «camminando nella fede e non ancora
in visione» (2 Cor 5,7) fino a quando «vedremo faccia a faccia» (1
Cor 13,12) eternamente.
Chiara Lubich
Pubblicata
in Città Nuova n.
20/1999.
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